Periodica #1: perché non parliamo di mestruazioni?

La scritta "Periodica" in rosso fuoriesce ad arcobaleno dalle mutande di una donna

Tra i lasciti del 2020, mi ha colpito la nascita del neologismo “Infodemia”, definita come “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento”.

Se da un lato, in un periodo di tempo così breve e concitato, la diffusione di informazioni su un virus nascente ha preso il sopravvento creando disorientamento, dall’altro – per la ragione esattamente opposta – esiste altrettanta confusione su una condizione che interessa più della metà della popolazione e che esiste dall’alba dei tempi.

L’avrete già capito, (non) parliamo di mestruazioni. 

Non è incredibile che si discuta così poco – sia nella sfera privata che in quella pubblica – di qualcosa che fa parte in maniera così pervasiva e ricorrente delle nostre vite?

Su questo tema possiamo veramente dare i numeri: sanguiniamo dai 2 ai 7 giorni al mese per circa 40 anni. Nell’età fertile, ogni donna ha in media 450 cicli mestruali, per un totale di circa 7 anni passati con indosso un assorbente, un tampone o una coppetta (sempre che siamo sufficientemente fortunate da vivere in una zona del mondo in cui ci sia accesso a prodotti adeguati). 

Il ciclo mestruale è un fenomeno che ci caratterizza, non un evento eccezionale e trascurabile. Sebbene approfondirne il più possibile la conoscenza migliorerebbe l’esperienza che ogni mese coinvolge così tante donne e ragazze nel mondo, la narrazione a riguardo è minimizzata, spesso stigmatizzata.  

Secondo un’analisi del 2019 di AstraRicerche, per circa la metà delle donne italiane le mestruazioni sono “fuori della normalità”, per il 26,5% causa di disagio o imbarazzo, per il 25,7% invalidanti. Le intervistate e intervistati coinvolti nella ricerca concordano però su un punto di vista incoraggiante, il 69% ritiene infatti che “una corretta comunicazione potrebbe contribuire a migliorare la salute delle donne vista l’ignoranza diffusa su alcuni disturbi e malattie legate alle mestruazioni” (75,3% delle donne e 62,8% degli uomini).

Ed è con questo impegno che diamo ufficialmente il via a Periodica, la rubrica ideata per Hella Network, per promuovere conversazioni e riflessioni sul ciclo mestruale. Perché ciò che siamo non dovrebbe mai limitare le nostre opportunità.

Un approccio sano e consapevole alle mestruazioni può avere un impatto migliorativo sulla qualità della vita di donne e ragazze e favorire un reale avanzamento della gender equity.

Nel corso della storia, infatti, i patriarcati – supportati dalle religioni – hanno utilizzato le mestruazioni come prova della subalternità femminile rispetto alla normalità maschile. Questa narrazione è costruita e perpetrata sull’idea che la condizione normale sia non avere le mestruazioni: chi le ha deve adattarsi, come se non esistessero. In questo scenario si sono sviluppati i pregiudizi che etichettano le donne e ragazze mestruate come “contaminate”, “sporche” e “impure”, e che negano la normalità e potenza di questo fenomeno biologico legato intrinsecamente alla generazione della vita.

Inoltre la scarsa rappresentazione femminile, sia nei ruoli di potere che in ambito medico, ha reso ancor più difficile parlare apertamente e consapevolmente di ciclo mestruale all’interno della struttura sociale e della comunità scientifica, con conseguente scarsità di politiche dedicate ad una maggior inclusività e studi a tema salute e benessere delle donne. Questo è ciò che accade quando nella discussione manca la diversity, e cioè la rappresentazione di punti di vista che diano risalto a background e necessità differenti.

Il primo passo per infrangere questo stigma è chiamare le cose con il loro nome

Non so voi, ma oltre a combattere una silenziosa battaglia contro scomodità ed inadeguatezza della maggioranza dei prodotti in commercio per l’assorbenza (ne parleremo nel prossimo articolo), ho passato buona parte dell’adolescenza (e ben oltre in tutta onestà) a cercare il modo più socialmente accettabile per parlare di quel sanguinamento che ogni mese vivevo come una immensa scocciatura.

Nonostante a casa mia fosse promosso un illuminato uso del termine mestruazioni, proprio non mi ci ritrovavo. 

“Mestruazioni” – che viene dal latino di estrazione medica “Mestruatio” (mensilità), derivato dall’avverbio “menstrum” (una volta al mese) – mi suonava vecchio, decisamente poco cool e per nulla aggregante, mi vergognavo ad utilizzarlo. Le opzioni a disposizione erano quindi non parlarne per nulla, o parlarne come ne parlavano tutti. Ed è così che – con un certo sollievo – sono approdata al primo eufemismo: finalmente durante l’adolescenza avevo “le mie cose”! Crescendo però il problema si è ripresentato, perché “le mie cose” non mi sembravano sufficientemente sofisticate, ed è così che, grazie ad un nuovo gruppo di amiche, ho iniziato ad avere “il ciclo”.

“Il ciclo” ha fatto parte del mio vocabolario a lungo, almeno fino a che, grazie ad approfondimenti sull’argomento, ho capito che l’utilizzo di questa formula non raccontava in modo adeguato la complessità e ricchezza del ciclo mestruale – che è costituito da fasi specifiche e con caratteristiche che hanno un impatto sulla nostra vita personale, relazionale e lavorativa. 

Il ciclo mestruale inizia il primo giorno di una mestruazione, il periodo in cui si verifica il sanguinamento, dovuto allo sfaldarsi dell’endometrio in caso di ovulo non fecondato. Termina il giorno prima dell’inizio di quella successiva. Indicare con il termine ciclo mestruale i giorni in cui la donna ha la mestruazione è quindi sbagliato e riduttivo, perché minimizza tutti quei cambiamenti ormonali e fisiologici che avvengono tra una mestruazione e l’altra.

La sovrapposizione semantica tra ciclo mestruale e mestruazioni è piuttosto comune: il report di AstraRicerche ci riporta che il 58,1% degli Italiani, in particolare donne e giovani 18-34enni utilizzano il termine “ciclo” per definire la mestruazione. Meno utilizzato – ma con prevalenza tra gli uomini – è il termine “cose”. Seguono poi moltissimi modi di dire (il marchese, le armate rosse, problemi femminili e molti altri), poco rilevanti numericamente, ma che raccontano il tentativo o necessità di evitare di nominare direttamente il ciclo mestruale.  

Le parole sono potenti: riappropriarci della comprensione del funzionamento del nostro corpo e, di conseguenza, della sua narrazione, rappresenta un’enorme opportunità di empowerment di genere ed è nostra responsabilità superare i limiti che ci sono stati imposti. 

Su questo fronte rimane memorabile il contributo della giornalista ed attivista Gloria Steinem, che nel 1978 pubblicò il saggio satirico “If men could menstruate” (se gli uomini avessero le mestruazioni), un testo sagace e provocatorio che afferma che

“sono le caratteristiche di chi ha potere, chiunque sia, ad essere pensate come migliori delle caratteristiche di chi non ne ha”.

In tal senso, secondo l’autrice,

“se di colpo, magicamente, gli uomini avessero le mestruazioni e le donne no, le mestruazioni diventerebbero un invidiabile evento mascolino di cui vantarsi.”

Per lasciarci con un impegno, propongo di partire da alcuni semplici esercizi quotidiani che possano aiutarci a riprendere il controllo sulla narrazione ciclica. Sono alcuni spunti a partire dai quali potremmo stilare un manifesto per rendere la comunicazione su questo argomento più inclusiva e rappresentativa, vi invitiamo quindi a condividere i vostri feedback ed integrazioni nei commenti all’articolo:

1.  Chiamiamo le mestruazioni, mestruazioni. Impegniamoci a riconoscere e superare il disagio che spesso proviamo pronunciando questa parola.

2. Evitiamo di essere promotrici di visioni distorte che associano qualsiasi variazione umorale alle mestruazioni (es: “Che caratterino oggi…hai il ciclo?”). A volte siamo più irritabili e di cattivo umore semplicemente perché lo siamo, e no, non siamo disposte ad essere accusate di isteria solo perché intendiamo far valere il nostro punto di vista, né quando abbiamo le mestruazioni, né mai.

3. Smettiamo di nascondere assorbenti o tamponi. Non c’è proprio nulla di cui vergognarsi e, se siete curiose di conoscere prodotti nuovi, più sostenibili e comodi, seguite il prossimo articolo.


Articolo di Martina Palmese, immagine di Alessandra D’Amico.

Pubblicato da Martina Palmese

Alla ricerca della felicità. Il girl power, da sempre, come scuola di vita. Curo #Periodica, la rubrica di Hella Network che parla di mestruazioni. Mi occupo di brand, comunicazione, innovazione e sostenibilità.

10 pensieri riguardo “Periodica #1: perché non parliamo di mestruazioni?

  1. Quanto è vero tutto quello che scrivi! Io faccio pure fatica a dire la parola per intero haha, ma prometto che mi impegnerò a superare questa cosa che di sicuro se nessuno ha modo di parlarne così apertamente, si farà fatica pure ad entrare nella consapevolezza di quanto siamo chiuse su questo argomento, grazie al fatto che nessuno ci parla! Anche perché dobbiamo dire che con tutti i disagi che ci crea onestamente è proprio come hai descritto tu nel tuo passato una scocciatura! Bellissimo argomento! Grandeee

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    1. Ciao @Andrea, grazie mille per il messaggio!
      Davvero pazzesco quanto ci suoni così male in testa una parola che porta in sè un bellissimo significato, questa cadenza mensile che in tantissime popolazioni antiche era usata proprio come calendario per assicurarsi di gestire al meglio gli appuntamenti utili alla vita. Come diceva il mio amico Nelson Mandela 😉 alcune generazioni hanno il potere di essere grandiose e cambiare le cose, secondo me noi possiamo davvero fare la differenza per la gender equity 🙂
      Ci sentiamo nel prossimo articolo di Periodica!

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      1. Ho figlia di dieci anni e ho già cominciato pensare come approcciare l’argomento in una maniera trasparente, formativa ,ma adeguata alla sua età. Avete qualche consiglio? Libro che mi potrebbe essere di aiuto?

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      2. Ciao @Margherita,
        ottimo pensiero che permetterà a te e tua figlia di entrare in questa fase con maggior consapevolezza e accoglienza (purtroppo spesso viviamo il menarca e l’inizio dell’età fertile con rifiuto). Sempre secondo i dati della ricerca citata nell’articolo, solo la metà delle ragazze italiane arriva con un qualche tipo di preparazione da parte di una persona adulta di famiglia alla prima mestruazione. Tra i libri per pre-adolescenti/adolescenti mi piace “Cose da ragazze. Una guida gioiosa alla pubertà” che ha un approccio chiaro e non rimanda il tutto ad un racconto che secondo me rischia di non essere apprezzato da chi in genere ha tanta voglia di sentirsi più grande. Quello che ti consiglio è però di studiare un po’ tu i rituali che nei tempi antichi hanno sempre accompagnato l’arrivo del menarca, io amo particolarmente il libro “Questo è il mio sangue” che dà veramente un’overview completa e ti offre un sacco di spunti per parlare a tua figlia in modo formativo ed interessante (l’importante, comunque, è parlarne!). Se posso permettermi inoltre, valuta la possibilità di farle provare fin da subito prodotti che le facciano vivere le mestruazioni nel modo più comodo possibile, penso in particolare a mutandine mestruali che evitano la scomodità degli assorbenti (ricordo ancora il fastidio dell’appiccicaticcio e il timore che qualcuno potesse vedere lo spessore dell’assorbente da sotto i vestiti), sono anche molto carine e credo che possano fare la differenza per le nuove generazioni visto che sono anche molto più sostenibili dal momento che ti risparmiano l’usa e getta. Per familiarizzare con gli assorbenti, ti consiglio invece di farle da subito provare gli assorbenti in materiale sostenibile e biodegradabili, tra quelli italiani fanno un’ottima figura e comunicazione quelli di Ecoluna (anche la loro comunicazione su Instagram è carinissima e adatto al pubblico più giovane).

        Spero siano consigli utili 🙂

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