L’impatto della Brexit sulle donne nel Regno Unito

L'impatto della Brexit sulle donne nel Regno Unite

L’Unione Europea è sempre stata un’influenza positiva nello sviluppo delle politiche di genere del Regno Unito.

Il 31 dicembre, esattamente alle 23:00 (mezzanotte a Bruxelles), dopo quasi quattro anni di aspre negoziazioni, tre piani di ritiro falliti e due elezioni generali, la Gran Bretagna ha formalmente terminato 47 anni di relazione con l’Unione Europea. Ma il mondo post Brexit non sembra essere dei migliori per le donne.

Il rapporto “Women & Brexit” scritto da Mary Honeyball, eurodeputata e Vice Presidente del Women’s Rights and Gender Equality Committee del Parlamento europeo, e Hannah Manzur, Gender Policy Advisor per Jackie Jones MEP, mette in evidenza le implicazioni legali, economiche, politiche e sociali della Brexit e l’impatto negativo che avranno sulle donne.

All’interno del progetto della Brexit, i diritti delle donne sono stati sacrificati e non considerati degni dell’attenzione generale. Le donne nel Regno Unito si stanno facendo carico dei costi di una decisione politica in cui la loro voce e i loro interessi non sono stati adeguatamente rappresentati.

L’IMPATTO DELLA BREXIT SUI DIRITTI DELLE DONNE E SULLA PARITÀ DI GENERE

Con la perdita della protezione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, della Corte di Giustizia e della giurisprudenza dell’UE, gli attuali diritti standard di uguaglianza saranno vulnerabili a modifiche, abrogazioni e revoche post-Brexit.

A rischio sono i diritti e gli standard di lavoro attuali e futuri a vantaggio delle donne; questi includono i diritti alla protezione delle lavoratrici in maternità e i congedi parentali e di assistenza, i diritti delle lavoratrici atipiche e le quote di genere nei consigli di amministrazione delle aziende.

In questo report viene messo in evidenza come il governo britannico, infatti, non sia riuscito a intraprendere azioni necessarie per proteggere i diritti standard, rifiutandosi di seguire le raccomandazioni dell’EHRC e del Comitato delle donne, dimostrando noncuranza nei confronti dei diritti delle donne e della parità di genere.

L’IMPATTO SOCIOECONOMICO DELLA BREXIT SULLE DONNE

I costanti e continui tagli all’economia dovuti alla Brexit e all’Austerity post-COVID continueranno e avranno un impatto devastante e sproporzionato sull’economia femminile.

Gli accordi presi non tengono conto dell’esistente disparità di genere e contribuiranno a rendere il gender pay gap e il divario pensionistico ancora più grande, aumentando lo svantaggio economico delle donne.

• Si prevede che l’austerity continuerà a causa della Brexit, in gran parte a scapito delle donne che hanno sostenuto nell’ultimo decennio l’86% dei costi delle politiche di austerity.

• I previsti tagli alla spesa pubblica colpiranno più duramente le donne in quanto utenti primari dei servizi pubblici, beneficiarie di sussidi sociali, lavoratrici del settore pubblico e assistenti di cura non retribuite.

• Le donne sono i principali ammortizzatori della povertà famigliare e sosterranno il peso maggiore degli aumenti della spesa famigliare, indotti dalla Brexit e della diminuzione del reddito.

SOTTORAPPRESENTAZIONE DELLE DONNE NEI MEDIA

Le donne non sono state rappresentate nel corso dei dibattiti parlamentari, nelle ultime campagne elettorali e nelle posizioni decisionali chiave sulla Brexit. Tra i ministri impegnati nella negoziazione con l’Unione Europea, le donne rappresentavano solo l’11- 25%.

Oltre alle loro voci, anche il tema donne e Brexit è stato emarginato. Non vi è stato alcun dibattito formale in Parlamento, solo il 2-6% del programma della campagna referendaria ha affrontato questioni di parità di genere. Non vi è stata nessuna menzione in Parlamento da parte dei primi ministri Theresa May e Boris Johnson e pochissima copertura mediatica a riguardo.

Secondo il report e l’analisi condotta dal Women’s Equality Party, il post-Brexit vedrà una grave tendenza verso l’esclusione e il silenziamento delle voci e degli interessi delle donne, con una predominanza di quelli maschili, offuscati dal mito di una Brexit “gender-neutral”.

Il linguaggio mascolinizzato della campagna e le tattiche di silenziamento, che sono state utilizzate contro le giornaliste e le politiche nel corso degli ultimi quattro anni, continueranno. Il post-Brexit avrà un effetto sui diritti delle donne e sui gruppi e le organizzazioni che lottano per garantire la parità di genere in termini di influenza politica, nel lavoro, di advocacy, capacità di networking e potere di lobbying.

La perdita o la diminuzione di queste capacità potrebbe rallentare il progresso sull’uguaglianza di genere, inibendo il lavoro di individui e gruppi che spingono verso il cambiamento.

È probabile che questi gruppi verranno anche colpiti dalla diminuzione dei fondi post-Brexit, poiché il finanziamento sostitutivo del Regno Unito è incerto e i dettagli su importo, priorità e allocazione restano ancora indeterminati.

IMPATTO SULLE COMUNITÀ NERE, ASIATICHE, EUROPEE E LGBTQI +

Il rapporto esplora anche il carattere intersezionale del problema, individuando come alcuni gruppi di donne verranno più colpiti di altri dall’impatto della Brexit.

Le nuove leggi avranno implicazioni in particolar modo sulle migranti nere, asiatiche e su altre minoranze etniche, sulle musulmane, sulle donne disabili e LGBTQI +, nonché sulle vittime di violenza e su tutte le donne che vivono in Galles, Scozia e Irlanda del Nord.

Anche le cittadine europee dovranno affrontare una moltitudine di sfide legate al nuovo “settled status” che andrà a svantaggiarle in modo sistematico.

L’Unione Europea, tra l’altro, forniva miliardi che andavano a finanziare progetti legati alla parità di genere e all’uguaglianza sociale, e milioni erano quelli destinati a organizzazioni femminili e servizi di supporto.

Il defunding post-Brexit per gruppi e servizi sta già raggiungendo il punto di rottura e, a causa dell’austerity, è già stato negato un supporto vitale ai servizi “che cambiano e salvano la vita” a migliaia di donne vulnerabili.

Il finanziamento sostitutivo del Regno Unito è infatti precario e disorganizzato: il Fondo britannico non ha ancora rilasciato dettagli sull’ammontare, l’allocazione, la durata o le priorità dei fondi, lasciando i gruppi e i servizi femminili in un limbo.

Un rapporto del governo ha riconosciuto che i finanziamenti potrebbero diminuire come risultato diretto della Brexit, nonostante la retorica pubblica suggerisca il contrario.

Inoltre, la Brexit sta creando diversi rischi per le vittime di violenza sessuale e domestica in un momento in cui i servizi di sostegno alle donne sono cronicamente sotto-finanziati.

Il Regno Unito continua a ritardare indefinitamente la ratifica della Convenzione di Istanbul, mentre i tassi di violenza sulle donne nel Regno Unito sono tra i peggiori in Europa (e in aumento).

Le vittime non avranno più accesso a protezioni di trans-frontiera come gli EPO (il governo ha respinto gli emendamenti per mantenerli), i fondi vitali dell’UE per i servizi di supporto sono minacciati.  Si prevede inoltre che la violenza domestica aumenterà man mano che le famiglie si troveranno ad affrontare le difficoltà economiche indotte dalla Brexit.

Per quanto riguarda le migranti e i requisiti per il “diritto di soggiorno”, la situazione è già complessa, ma con la Brexit potrebbe aggravarsi.

L’inattività economica legata alle responsabilità di assistenza e di cura della famiglia e degli anziani rende la condizione economica delle migranti estremamente precaria, aumentando le difficoltà nell’acquisire uno status stabile per i figli, e difficoltà nell’accedere ai documenti richiesti per il permesso di soggiorno, in un sistema progettato essenzialmente per “l’uomo produttivo”.

Mandu Reid, Leader del Women’s Equality Party, crede che Covid e Brexit potrebbero segnare l’inizio di un cambiamento per i diritti delle donne nel Regno Unito.

“Da appassionata “remainer” è difficile affrontare la realtà della Brexit, ma è necessario. Ciò che non è necessario è il declino dei diritti conquistati dalle donne con fatica, ed è per questo che, da leader del Women’s Equality Party, sarò vigile sulle mosse che questo governo farà”.

Mando Reid, leader del Women’s Equality Party.

Fonti:

Women and Brexit

Statement from Mandu Reid on the government’s mini-budget 2020


Articolo scritto da Rossella Forlè, immagine di Marina Ravizza.

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